Autodifesa senza ‘fronzoli’ e formazione mentale per coltivare jittsu e maemuki.
Definire cosa sia l’Hiroshi Shirai Goshin Do è un’impresa semplice e difficile al tempo stesso.
La semplicità è insita nel fatto che in realtà si parla di Karate Do, ‘banalmente’.
Il problema è che al giorno d’oggi di questa disciplina si parla troppo e a volte a sproposito.
In realtà, il Maestro Shirai, già dagli inizi della sua carriera si rese conto di quale grande trasformazione la nostra arte marziale avesse subito nel passaggio da Okinawa al Giappone.
Questo fatto, unito alla pratica con grandi Maestri a loro volta allievi diretti del Maestro Gichin Funakoshi, quale per esempio il Maestro Taiji Kase, stimolò in lui l’esigenza di approfondire da subito l’enorme patrimonio di tecniche, prese, atemi e spostamenti costituenti il patrimonio del karate per così dire “archetipico”.
Sappiamo infatti che l’esportazione dell’Arte in Giappone coincise con l’esigenza di trasformarla in una disciplina più utilizzabile in campo sportivo, sulla falsariga di quanto accaduto con il Judo e il Kendo. Questa metamorfosi comportò l’inevitabile perdita di tantissimi “dettagli” dell’Arte, non applicabili in campo agonistico, e la distorsione del patrimonio conoscitivo legato ai Kata, soprattutto nelle applicazioni, rese impossibili se estrapolate dagli embusen “classici” applicati giocoforza.
Il Maestro, a questo scopo, ha genialmente creato un ‘nuovo’ sistema di fare Kata, ossia, ha generato dei Kata partendo dalla loro applicazione.
Il Maestro, a questo scopo, ha genialmente creato un ‘nuovo’ sistema di fare Kata, ossia, ha generato dei Kata partendo dalla loro applicazione, il che ha imposto un modo del tutto diverso di spostarsi e agire all’interno di essi.
Paradossalmente, nella pratica dell’insegnamento del Karate Do, per esempio di stile Shotokan, ogni Maestro che pratichi anche Hiroshi Shirai Goshin Do, prima o poi arriva alla considerazione che quelli che spontaneamente il praticante neofita produce, anche se in maniera erronea, sono proprio gli spostamenti considerati corretti nell’Hiroshi Shirai Goshin Do.
Questo passaggio culturale risulta quasi sempre illuminante, ma ridurre il tutto solo a questo risulta veramente sminuente.
Hiroshi Shirai Goshin Do è autodifesa, senza tanti ‘fronzoli’. Tale capacità si attua con comportamenti attivi, la tecnica, gli spostamenti, soprattutto con la ricerca di una posizione realmente efficace, il giusto atteggiamento psicofisico, la maggior capacità di previsione, ma anche con comportamenti passivi, la rinuncia o, meglio, la scelta di non intervenire finché non si realizzi una minaccia reale e non altrimenti evitabile. La capacità quindi di saper selezionare contro quale nemico e pericolo combattere. Tale sfidante in realtà spesso è dentro noi stessi, si chiama Ego, quello improduttivo, quello che ci obbliga ad agire anche contro la nostra stessa volontà, solo per difendere un’inutile immagine precostituita e contraria al nostro reale benessere.
Hiroshi Shirai Goshindo è anche formazione mentale. In esso e attraverso di esso ci si prepara a rifiutare il concetto di nareai, ergo a non vivere nei parametri delle pur necessarie abitudini, vivendo ogni attimo con spirito consapevole e vigile. In questo modo non si verrà mai colti da un’ideazione di tipo masaka, ossia quella del “a me non può accadere”. Ciò che accade agli altri, prima o poi potrebbe accadere anche a noi, in sostanza un invito ad attingere alle esperienze presenti nella coscienza collettiva, facendone tesoro.
Hiroshi Shirai Goshindo è la capacità di essere se stessi attraverso il pieno esercizio della propria naturale sintesi attitudinale.
Nell’Hiroshi Shirai Goshindo si impara a coltivare lo stato mentale di jittsu, ossia di assoluta competenza psicofisica nei confronti degli accadimenti della nostra esistenza.
In questo percorso si affina l’attitudine almaemuki, ossia al vivere “guardando avanti”, diretti e determinati verso il proprio scopo esistenziale, attuando le necessarie rinunce ed accettando l’inevitabile sacrificio correlato. Questo modo di vivere talvolta può rendere necessaria la lotta, che in tal caso genererà comportamenti seri ed efficaci, ma in ogni caso corretti, senza imbrogli o compromessi, generando un forte spirito esistenziale.
Questo forte spirito a sua volta genererà fiducia in se stessi e in chi osserva, soprattutto se più debole, indipendentemente dalla capacità tecnica espressa.
Quindi, in ultima analisi, Hiroshi Shirai Goshindo è la capacità di essere se stessi attraverso il pieno esercizio della propria naturale sintesi attitudinale.
Allo stage il M° Shirai ci richiamava: "Quando si deve fare forte, fare al 75 per cento è perdita di tempo!".
Il 26 giugno 2016 a Lonato (BS) si è svolto lo stage Nazionale dell’Associazione Culturale Hiroshi Shirai Goshin Do.
Redigere un resoconto di eventi come questo non può prescindere dal parlare delle emozioni forti e prorompenti che la pratica di un Karate così evoluto può scatenare.
Nell’Hiroshi Shirai Goshin Do la pratica fisica è strettamente subordinata al pieno controllo emotivo da parte dell’esecutore.
Quest’affermazione potrebbe apparire banale, in quanto è applicabile, volendolo, a tutte le arti marziali. In realtà, solo provandolo si può percepire la sensazione di assoluta armonia fisica ed emozionale subentrante in corso di pratica, non parliamo infatti del semplice controllo psichico, riguardante la pura sfera volitiva. In questo caso parliamo proprio del pieno controllo emozionale, quello che ci spinge a ripetere, ripetere e ripetere un gesto tecnico per assimilarne la pura essenza, allo scopo di diventare un tutt’uno con esso.
Il fine ultimo di questa pratica a volte dura, ma molto appagante, genera una serenità infinita. Questa consapevolezza spingerà il praticante a ricercare ogni possibile soluzione pacifica in caso di contesa, nella piena cognizione della possibile letale efficacia della tecnica così intimamente recepita.
Nell’Hiroshi Shirai Goshindo, d’altronde, “fare piano” non è sinonimo di “fare debole”…
Questa disciplina è stata concepita dopo un lunghissimo periodo di osservazione e studio del Karate Tradizionale, da parte del Maestro Hiroshi Shirai che ha voluto recuperare appieno il patrimonio cognitivo del Karate archetipico, quello di Okinawa, per intenderci. Tale patrimonio, stante la trasformazione resasi necessaria per poter esportare, in Giappone e da
qui nel resto del mondo, il Karate, si stava lentamente, ma costantemente dissolvendo, data la necessità di renderlo più consone a una pratica più accessibile e nella fattispecie di tipo agonistico.
Per l’aspetto puramente tecnico, si sono praticati due Kata, l’uno rappresentante la vera base tecnica della Scuola, il Goshin Taikyoku Yon, l’altro la massima evoluzione tecnica attuale, il Goshin Shuto Fudo Kaishu Kyoka Kun Ren no Kata.
Tre ore circa di lavoro serio e minuzioso con continui richiami da parte del Maestro a una pratica senza compromessi: “Quando si deve fare forte, fare al 75 per cento è perdita di tempo!“.
Nell’Hiroshi Shirai Goshindo, d’altronde, “fare piano” non è sinonimo di “fare debole”… È ricerca, pazienza, umiltà, introspezione, ricerca di maestria e consapevolezza, integrazione con la grande energia dell’Universo.
Fonte: KarateDo magazine